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domenica 23 ottobre 2022

Recensione al libro La mia Quintessenza di Alina Monica Turlea

  

 

La mia Quintessenza (Aletti Editore, 2019, 62 p.) è la raccolta poetica di esordio di Alina Monica Turlea. 

La sua poesia affiora durante un viaggio che segna un percorso di crescita personale, culturale e professionale. I versi nascono spontaneamente, esponendo quasi insolentemente la sua anima al lettore, rivelando la solitudine emotiva palesata dall’esilio professionale, i pensieri agitati che senza dubbio dominano la sua vena poetica e “l’amore, il collante che tiene unite le anime”.

Alina Monica Turlea definisce la raccolta poetica la sua anima. Io la vedo anche come una sorta di riscatto; attraverso i suoi versi l’autrice passa dall’essere una donna rapita dalla sua stagione ad una donna che ritrova se stessa e decide di diventare protagonista della propria stagione. 

La mia quintessenza è per l’autrice l’aurora della rinascita, l’anticamera della rinnovazione, un nuovo inizio; i versi sono forse un po’ naïf, ancora bisognosi di nutrimento, ma nonostante questo si avventurano e danno vita al pensiero dell’autrice in maniera molto espressiva e incisiva.

Le composizioni di Alina riflettono le emozioni di ognuna di noi. Con ogni poesia ci si addentra sempre più nei meandri dell’animo femminile, vetta di eros e sensualità, di amore e dedizione, di dubbi e turbamenti, ma anche di forza e spavalderia.

Personalmente, m’incanta l'idea di andare al di là delle parole, delle metafore, per cercare di trovare il senso nascosto, la quintessenza del pensiero poetico. Le parole sono sempre la veste dei sogni, dell’inespresso che giace nel profondo del nostro essere; mentre viene letto, il testo si adatta al nostro vissuto e noi viviamo e riviviamo le emozioni attraverso ciò che leggiamo. A livello interiore, ogni parola subisce una transumanza, una migrazione dall’anima dell’autore alla nostra anima.

Per questo, mentre leggevo le poesie di Alina, avevo la sensazione che il ritmo imposto dai suoi versi seguisse quello della Rapsodia Rumena di George Enescu. Mentre la Rapsodia si apre con un bellissimo dialogo tra clarinetto, oboe e flauto, il libro di Alina si apre con versi che ci avvicinano ai vortici del suo pensiero: “nuda sprofondo nei sensi” e “con il seno nudo cammino nel proprio sangue” mentre “con la punta di una stella, scrivo” e “provo a camminare sulle punte dei piedi”, dando ai versi quasi lo stesso ritmo della Rapsodia, alternante, tra accelerante e ritardante, ritmi tipici della Transilvania. 

Nell’opera di Enescu seguono meravigliosi cambi di ritmo tra viola e fagotto in un elegante crescendo, mentre la poesia di Alina racconta, attraverso la sinestesia, forma retorica preferita dall’autrice, l’indomabile musa che muove il suo universo:

“sussurro all’amore sorridendo, (…) e io volo”. 

“guardo in silenzio un verso,

e lui emerge.”

Con l‘imposizione armoniosa degli archi nella Rapsodia, nei versi incontriamo il volo emozionale della poetessa in “un silenzio primordiale“, in “un silenzio plumbeo” in “silenzio senza confine”, in “un silenzio ancestrale”, in “un silenzio assordante”. Il “silenzio” sembra essere la condizione favorita dall’autrice, un tema caro alla sua anima, visto che usa il termine ben sedici volte nei suoi versi, in qualche caso addirittura tre volte nella stessa poesia. In effetti, il termine “silenzio” viene usato per costruire molte delle sinestesie che incontriamo nella sua espressione letteraria. Dall’infuso di silenzio, metafora che rivela bisogno di solitudine, di intimità, di isolamento, al timore del silenzio senza confini della notte dove l’assenza di suoni riflette la necessità di confronto, di apertura, di contatto, un silenzio che con l’alba svanirà. 

Nella Rapsodia Rumena i violini seducono in un ritmo incalzante, mentre i versi di Alina in un très vif confessionale portano il lettore nella “frenesia dei pensieri”, “nell’energia calma”che conduce la poetessa nella “città dell’amore tra i fitti alberi parigini” e poi di ritorno nella città eterna, dove “impara l’arte dell’amore vero”. Ma è con la memoria del cuore che 

“si apre il cielo nell’anima”. 

È lì, sulle colline dell’infanzia, che la disperazione, l’incertezza e la sconfitta trovano sollievo. È lì che la nostalgia e la melanconia hanno la sorgente:

“Là, sulle colline della mia infanzia” 

Inspiro profondamente (…)

e l’erba appena tagliata diventa “un bendaggio per le mie ferite.” 

La Rapsodia Rumena esplode in un finale di corni, trombe e violini, mentre la raccolta poetica di Alina svela in uno scatto di rabbia una delle sue paure più grandi:

“quando l’uomo avrà imparato 

l’arte dell’amore vero, 

sarà troppo tardi!”

Il dilemma emozionale dell’autrice è testimoniato anche dall’uso dei colori nei suoi versi; un’alternanza di colori caldi e freddi. L’autrice usa il giallo, un colore caldo, che ricorda il Sole, simbolo del rinnovamento, del cambiamento, per dar vita a espressioni come “il giallo delle lacrime, ”fiamma gialla”, ”raggio dorato”, “rose gialle”, “pagine gialle”.

Nello stesso tempo usa il freddo colore blu per definire “il blu del mare, del cielo”, “anima blu”, “ritmo blu”, “universo blu”, “piume blu”. Il blu è un colore trascendentale, spirituale, che rappresenta la costanza; è il colore del principio femminile, un colore che lega a significati forti come la tradizione, le radici, il senso di appartenenza. Il blu è anche il colore dell’immortalità, quindi, non a caso, uno dei temi della sua poesia è l’eternità, il tempo simboleggiato dalla clessidra e dall’orologio:

“i secondi scendono nella clessidra,

 gli orologi diventano solitari.”

E ancora:

“i secondi scavano rigorosamente nel tempo,

senza un orologio.”

Nel verso “i miei occhi scoprono la sindone misteriosa delle nuvole,” l’uso della parola “sindone” ci svela la sacralità dell’amore per la sua terra, mentre le “nuvole” rappresentano il viaggio che la sua anima fa per tornare sulle colline della infanzia, lentamente, silenziosamente, impercettibilmente, come le nuvole:

“il silenzio non diventerà mai sillaba.”

Come ho già osservato, lo stile poetico di Alina è caratterizzato dall’uso frequente della sinestesia: “respira il tuo sguardo”,”papavero infocato”, “sole stanco”, “silenzio primordiale”, “il pensiero profuma”, “lacrime gialle”, “i secondi scavano”, o “gemiti della montagna”, “stelle profumate”, dall’uso dell’ossimoro: “deliziosi inferni”,“energia calma”,”paradiso della sofferenza”,“abbracci lontani”,“silenzio assordante”, o dell’antonomasia: “città dell’amore”.

I versi di Alina Monica sono frutto del brivido del momento, non della ricercatezza letteraria. Per niente artificioso, lo stile riflette l’emozione dell’istante, ineluttabile dimostrazione di giovinezza creativa e franchezza. Alina scrive perché l’anima deve esprimersi, “sfogarsi”, come afferma la stessa autrice:

“Sento in me la rivoluzione”, e ancora:

“Guardo la poesia che corre davanti a me,

sento il suo respiro,

con la sua musica rivesto la mia anima,

solo così io posso volare.”

Nata e cresciuta in Romania, la poetessa Alina Monica Turlea è figlia di due culture, che si riflettono senza indugio nella sua identità poetica, nella sua creatività e nella sua forte identità personale. 

La quintessenza della raccolta poetica di Alina Monica Turlea è nello stesso tempo l’essenza della sua vita, l’essenziale assoluto, l’amore: l’amore per la vita, l’amore per la conoscenza, l’amore per gli altri, l’amore per se stessa, in quanto

“l’amore – (è) l’unica via verso l’eternità”.

 

Iuliana Olariu

Traduzione Articolo Aurul Moldovei

 https://culturaromena.it/aurul-moldovei/




Recensione al libro Zero Positivo di Cristina Marginean Cocis


 Tre giorni

Esiste una sola arte cristiana, che non è né gotica, né romantica, né barocca, l'arte di portare la croce.(Franz von Baader)

36 ore per dire addio alla vita, per congedarsi dai suoi affetti, dall’amato marito, dall’adorata figlia …36 ore per dire addio a Victor, l’amato  figlio che porta in grembo.

Zero positivo, Gaspari Ed., Udine2016, ristampato nel 2017, recentemente tradotto anche in francese di Cristina Mărginean Cocis è la testimonianza di un’esperienza crudele e rinnovante, dove il dolore e la disperazione, accuratamente messi nero su bianco dall’autrice, diventano parti essenziali della vita e finiscono per cambiare , per annullare  e poi ricostruire la sua realtà. Il tempo ricevuto in dono da Dio sta per finire e le poche ore a disposizione portano la protagonista a scendere e a scavare nel buio più profondo dell’anima umana con il rischio di perdersi nella foresta incantata, che per l’autrice altro non è se non l’anima dell’essere umano. Eppure lei sa che nel suo buio potrà trovare anche la luce per ritornare in superficie, alla vita. La luce per Cristina è l’amore. L’infinito amore per sua figlia, per l’uomo della sua vita, per il figlio ancora non nato e soprattutto l’amore per Dio. 

Tra momenti di disperazione e di speranza Cristina ci insegna, attraverso una narrazione coinvolgente, intensa e reale, che ognuno di noi porta dentro le risorse per sfidare il destino. Il passato è uno degli elementi essenziali di questa storia. Attraverso la storia dell’amato padre, il quale ritorna oniricamente da lei aiutandola a sopravvivere mentre i ricordi si sovrappongono alla dolorosa realtà, ci viene concessa una viva testimonianza di un pezzo della storia della Romania durante la dittatura di Ceaușescu.

I salti temporali fatti dall’anima e dalla mente dell’autrice ci portano avanti e indietro tra il presente e il passato con accuratezza e discrezione. L’autrice lega con coerenza il dolore del presente al dolore del passato, l’amore di oggi a quello di ieri, ci rivela che il presente è il frutto del legame indelebile con ciò che abbiamo vissuto o con ciò che nel nostro passato è rimasto non integrato o accettato. La fine descrizione dei timori, delle paure, la generosa concessione del suo passato nella ricerca di accettazione dimostrano il coraggio di Cristina di liberarsi e di rivelarsi, di esporsi per potersi ritrovare, per fare il modo che il tempo dei ricordi sia la via della guarigione. Il finale del libro libera l’anima dell’autrice e arricchisce il lettore. 

Ciò che mi colpisce profondamente nella scrittura di Cristina è la schiettezza con la quale confessa le sue fragilità, il modo in cui ci rende partecipi persino delle più dolorose e angoscianti sofferenze fisiche e psicologiche e non di meno la via privilegiata attraverso cui descrive le persone che costruiscono il suo universo in quel determinato luogo, in quel determinato periodo. Gli occhi sono la caratteristica essenziale attraverso cui impariamo a conoscere i personaggi, i loro stati d’animo e l’autrice e i suoi pensieri. Nel libro la parola “occhi“ viene impiegata decine e decine di volte per esprimere dolore, sentimento, amore, gentilezza, apprensione, speranza, gratitudine, disperazione, paura, sofferenza, emozioni … Gli occhi sono l’unica possibilità di comunicare, da lontano, con il figlio appena nato.

Per Cristina la vita è un dono prezioso, allo stesso modo della sacca di sangue vivo, donato da chissà chi, che le salverà la vita. Più volte nella sua scrittura l’autrice riflette sul significato e sul valore del sangue ricevuto tramite la trasfusione, sangue donato da sconosciuti per salvare la vita a degli sconosciuti. Un’intimità solidale che spesso ignoriamo, ma che Cristina, nel suo romanzo, ricorda e valorizza. 

Leggendo la storia di Cristina, della sua lotta per la sopravvivenza, per la vita impariamo che mai è troppo tardi per scoprirci forti abbastanza da affrontare la morte e sconfiggerla perché l’unico antidoto alla paura è avere accesso all’amore, un accesso libero e illimitato, privo di qualsiasi ostacolo di spazio o di tempo


giovedì 13 ottobre 2022

Traduzione Elisabeta Boțan

Sull’ultimo numero della rivista web 𝗙𝗶𝗹𝗶 𝗱’𝗮𝗾𝘂𝗶𝗹𝗼𝗻𝗲 (61 - 𝐏𝐀𝐑𝐓𝐄𝐍𝐙𝐄) un lavoro di Iuliana Olariu sulla poesia della rumena 𝗘𝗟𝗜𝗦𝗔𝗕𝗘𝗧𝗔 𝗕𝗢𝗧𝗔𝗡. 

https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=pfbid0gYLNPwkPHpna21BTygRKJB1XDrvA6JQgk8JzZtbrTLe3D3hn497EqL4Hju1WoYD8l&id=797699017

domenica 2 ottobre 2022

Silloge poetica - Rivista Vatra Veche

La Rivista Vatra Veche pubblica una mia silloge poetica in lingua rumena.




Traduzione Elisabeta Boțan

La traduzione della poesia di Elisabeta Boțan in italiano pubblicata dalla Rivista Fili D'aquilone.

http://www.filidaquilone.it/num061olariu.html



Silloge poetica Il caos del silenzio

La Rivista di Immagini, Idee e Poesia Fili D'aquilone pubblica una mia silloge poetica intitulata Il caos del silenzio. 

http://www.filidaquilone.it/num056olariu.html




Traduzione Diario della Cenere di Alessio Brandolini

La Rivista Prăvălia Culturală pubblica la traduzione in lingua rumena della silloge poetica Diario della Cenere / Jurnalul Cenușiid di Alessio Brandolini. 

http://pravaliaculturala.com/article/jurnalul-cenusii-diaro-della-cenere/



Traduzione Racconto Nelu Picasă di Leonard Ancuța

La Rivista di Immagini, Idee e Poesia Fili D'aquilone pubblica la mia traduzione del racconto Nelu Picasă di Leonard Ancuța. 

http://www.filidaquilone.it/num056ancuta-utf8.html




Silloge poetica

La Rivista Marchetti Art Gallery pubblica una mia silloge poetica (pag. 171,172, 173,174,175,1766,177,178) 

https://ita.calameo.com/read/0059163237a1570108386



Silloge poetica Tra fiaba e follia

La Rivista di Immagini, Idee e Poesia Fili D'aquilone pubblica una mia silloge poetica intitulata Tra fiabe e follia.

http://www.filidaquilone.it/num054olariu.html